Il tetto al prezzo del gas russo ancora non riesce a realizzarsi.
Nonostante le pressioni anche da parte della presidente della Commissione Ue per approvare nell’immediato il tetto al prezzo del gas, la misura è saltata di nuovo. Ancora una fumata nera per la misura più drastica contro la Russia proposta e portata avanti dal premier Draghi. Ma a quanto pare non è sul tavolo del consiglio dei ministri dell’energia Ue di oggi.
La decisione dovrà essere presa dai singoli capi di stato e di governo. La discussione sul price cap quindi slitta a ottobre. Inoltre, c’è anche la proposta di allargare la misura al metano di ogni provenienza. Oggi i ministri dell’energia dovrebbero dare l’ok ad altre misure come il taglio dei consumi, tassa sugli extra-profitti e aiuti alle utilities in difficoltà. Secondo i retroscena a dire no al price cap sono stati i Ungheria, Slovenia, Austria, Paesi Bassi e Repubblica Ceca e soprattutto la Germania.
Chi si è opposto al price cap?
Il premier Draghi era riuscito a portare dalla sua parte la Francia e aveva ottenuto il sostegno di Portogallo, Grecia, Polonia, Belgio, Lussemburgo, Bulgaria e Romania. Dopo le prime aperture di Berlino, il governo tedesco è tornato indietro ad opporsi alla misura perché i tempi dell’approvazione potrebbero scatenare un problema di forniture e i venditori alternativi alla Russia potrebbero cambiare fronte.
L’Italia continua a proporre un price cap a tutte le forniture di gas non solo a quello russo e propone un’accelerazione sulla riforma del mercato elettrico, con il disaccoppiamento (decoupling) del prezzo del gas da quello dell’elettricità. Un primo passo è stato fatto con il tetto ai maxi-ricavi delle compagnie energetiche che producono elettricità da fonti a basso costo rispetto al gas.
Per quanto riguarda il taglio dei consumi si punta ad una riduzione del 10% della domanda di cui il 5% nelle ore di punta. Ancora in dubbio sull’obbligatorietà e sulla volontarietà delle misure.